C'è
anche la fotografa Elena Segatini tra le 50 donne vicentine che
l'imprenditore orafo Franco Pianegonda ha voluto celebrare qualche
giorno fa con una serata evento ed un libro fotografico, affiancato da
un video, che le vede protagoniste di alcuni eleganti scatti. Con il
titolo "L'arte unisce tutti i cuori del mondo", l'iniziativa ha messo in
primo piano alcune donne che con il lavoro, l'impegno e l'entusiasmo
hanno portato una nuova energia e un "nuovo cuore" nel proprio mondo e
in quello altrui. Con uno sguardo trasversale: c'è l'imprenditrice ma
anche la casalinga; la nonna come pure la neolaureata. La serata, non a
caso scelta alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza
sulle donne, è stata diffusa anche nei negozi di Mosca, Lisbona, New
York e Parigi collegati in rete. Il libro sarà presentato dopo le
festività natalizie alla libreria Galla di Vicenza.
Quella di Elena Segatini è una storia che sembra uscire dall'album
dei sogni più belli, sospesa tra gli Stati Uniti, l’Europa e Vicenza. Le
sue immagini sono piccoli frammenti di fantasie e fiabe che fino a
quando era bambina creava nella sua mente e che ora, tramite la
fotografia, sono divenuti realtà. E uno di questi sogni, in particolare,
è entrato a far parte della vita quotidiana di milioni di persone. Il
sogno di Elena è sempre stato la fotografia e nel '91 si trasferisce da
Vicenza a Los Angeles, dove nel '99 si laurea in una delle università
private d’arte più rinomate: l'Art Center College of Design di Pasadena
in California. Dopo aver realizzato un catalogo di gioielli, Elena
viaggia tra America ed Europa come fotografa di moda e viaggi, lavora
con riviste e agenzie di pubblicità di New York, Milano e Parigi. Tra i
suoi clienti ci sono Marie Claire, Elle, Vogue Gioiello, Apple, Adidas,
Reader’s Digest, Mattel, Zoom Magazine, Vicenza Oro e altri. Le sue
immagini sono attualmente rappresentate nel mondo da tre agenzie di New
York. E proprio tramite una di queste agenzie, la famosissima immagine
del fiore di loto è stata venduta nel 2006 per la prima campagna
pubblicitaria dell’Iphone e poi utilizzata come immagine di sfondo in
tutti gli Iphones e Ipads della Mac. Negli ultimi anni Elena ha
cominciato a dedicarsi ai matrimoni, immortalando questi bellissimi
momenti con un tocco di moda e un’impronta originale. Le sue opere sono
state riconosciute da una delle riviste italiane di Sposa più rinomate,
"White Sposa", come fotografa d’eccellenza di questo specifico settore.
L’abbiamo incontrata in occasione dell’evento.
Partiamo dall'evento Pianegonda: che effetto fa fare parte delle 50 vicentine scelte?
«È stato un onore essere inclusa in questo progetto. Abito tra Usa e
Italia e in questi ultimi anni mi sono presa una pausa che mi ha portato
a stabilirmi a Vicenza. Quest’ultimo mese è stato per me un'immersione
completa alla scoperta di questa città. È iniziato tutto con il progetto
del Ritratto a Vicenza che mi ha fatto conoscere molte persone
coinvolte nell’arte e nella creatività. Ho collaborato con Franco
Pianegonda in alcuni miei servizi. Lo conosco da poco ma è stato
disponibile a prestare i suoi favolosi gioielli per i miei lavori. Un
giorno mi scrive un messaggio di passare alla Maison. Non ne conoscevo
il motivo e forse è stata una fortuna perché non mi sarei mai fatta
fotografare se mi avesse spiegato il motivo dell’invito... Da lì il
grande onore di far parte di un meraviglioso progetto dedicato alle
donne».
Raccontaci la tua storia: com’è nato tutto? Una vicentina alla conquista dell'America...
«Sono sempre stata innamorata della fotografia fin da piccola. I miei
genitori mi regalarono la mia prima macchinetta automatica a 9 anni e a
15 ho comprato la mia prima 35mm manuale. A 24 anni sposai un americano
e andai a vivere a Los Angeles dove mi iscrissi al College e ad un
corso di fotografia. Dopo alcuni anni ho ricevuto una borsa di Studio
per entrare al rinomato Art Center College of Design. Ero fiera di
tenere alto il nome dell'Italia. Così mi laureai con lode nel ‘99, cosa
rara in quell’istituto. Ma non è stato facile arrivare in un paese
straniero e doversi rifare una vita partendo da zero. Sono rimasta in
America 15 anni e appena possibile ci tornerò. Vorrei vivere sei mesi lì
e sei in Italia, non riuscirei a rinunciare a nessuno dei due, si
completano a vicenda. Alla fine, per motivi affettivi e familiari, ho
deciso di trasferirmi qui per un po’. Perché la permanenza fissa mi
spaventa, essendo abituata a viaggiare e alle grandi città».
Il successo mondiale della Apple, com'è accaduto e cosa significa per te oggi?
«La cosa buffa è che per far entrare quell’immagine in agenzia ho
dovuto aspettare che cambiassero tre Art Directors! Era uno scatto che
avevo fatto un’estate in Italia, al bellissimo Parco Sigurtà... con una
mano che mi teneva alla cintura e io sporta quasi in acqua per riuscire
ad arrivare il più vicino possibile al soggetto. La qualità
dell’immagine era ottima per il tipo di luce che c’era quel giorno. Ho
proposto lo scatto all’agenzia ben tre volte e alla fine con l’arrivo
del nuovo Art Director me l’hanno accettato. Accadde che l’agenzia che
si occupava della pubblicità per la Mac/Apple scelse l’immagine per
tutta la campagna iniziale Iphone. Io purtroppo ero già in Italia e mi
sono persa i mega-cartelloni pubblicitari che tappezzavano tutti i
negozi americani della Apple in quel periodo. Mi accorsi di questo
meraviglioso evento solo perché un giorno, guardando la tv in Italia,
mostrarono la pubblicità di questo nuovo telefonino. Feci un salto sul
divano e incominciai a gridare di aver visto forse per due secondi la
mia foto... era proprio la mia! Forse mi rendo conto di tale evento solo
quando vedo intorno a me tutti con questo Iphone in mano. Penso che due
terzi di questa terra ha in tasca la mia foto e allora sorrido...».
Quali porte ti ha aperto la notorietà?
«Diciamo che la foto è molto conosciuta, però non penso mi abbia
cambiato la vita. In questo campo c’è un'estrema concorrenza e bisogna
battersi ogni giorno per farsi notare. A volte chi ha molto giro di
lavoro non è chi è bravo veramente o il vero artista. Purtroppo si...
bisogna conoscere le persone giuste e assolutamente essere nel posto
giusto al momento giusto».
Hai vissuto negli States, qual è la differenza di mentalità? Ci sono più opportunità? È più facile emergere?
«Senz’altro quello che chiamano il sogno americano non è solo un
mito. Ci sono molte più opportunità che in Italia però devo dire che con
la crisi anche l’America sta vivendo periodi difficili e le opportunità
di conseguenza diminuiscono. La differenza di mentalità a volte è
immensa, soprattutto nell’essere presenti in caso di difficoltà. Possono
essere freddi nei rapporti mondani, non ci sono sguardi diretti, poco
contatto umano, insomma ci si sente un po' soli in mezzo a tanta gente,
ma quando è il momento di aiutare il prossimo, si può sempre contare su
qualcuno ed è quello il bello dell’America. Sul lavoro invece è molto
più facile trovare persone con cui collaborare. Da noi, soprattutto in
Veneto, è quasi impossibile trovare una stilista o uno showroom disposti
a collaborare per dei test fotografici. In America è forse la norma.
Insomma, in America forse è più riconosciuta la meritocrazia rispetto
all’Italia».
Sei la dimostrazione vivente che la fotografia è anche donna. Siamo abituati ad un mondo di quasi soli uomini di successo... qual è il valore aggiunto dello sguardo femminile sul mondo?
«Non posso dire che la donna abbia più sensibilità nel cogliere
l’attimo, conosco fotografi maschi che hanno una sensibilità tale che va
oltre qualsiasi concetto tipico di animo maschile o femminile. Penso si
tratti solo di passione per questa arte. Due fotografi possono
fotografare lo stesso identico soggetto e il risultato è un universo di
differenze. Essere donna sicuramente rende le cose più difficili ma solo
a livello tecnico... siamo comunque sempre viste come la parte più
debole per cui, se messe a confronto con un uomo per la scelta del
fotografo che debba fare un viaggio per un progetto, si tende a
scegliere l’uomo. E per finire, molti Art Director delle riviste di moda
sono donne e molte donne preferiscono lavorare con un uomo. Comunque
sono convinta che ormai abbiamo raggiunto dei buoni livelli anche come
donne in carriera e ne è grandioso esempio la fotografa Annie
Leibovitz».
Come "vedi" oggi Vicenza? Come la fotograferesti?
«A Vicenza mi considero ancora un po' straniera. Sto scoprendo una
Vicenza assolutamente incantevole sia nell’arte che custodisce, sia
nelle persone disponibili e meravigliose. Non c'è niente che non
fotograferei. L’andare in America ed il tornare in Italia dopo tanti
anni mi ha fatto aprire gli occhi e vedere questa città in modo
totalmente diverso. È come quando si possiede qualcosa di importante ma
non lo si sa fino a quando non lo si perde. Mi ricorderò sempre al
college un compagno che mi chiese: ma tu arrivi da quelle cittadine dove
ci sono tutte le casette colorate? Io non avevo assolutamente alcun
ricordo di casette colorate... Ebbene, aveva ragione... al mio ritorno
ho guardato questa mia città con occhio completamente diverso».
Giorni fa il prestigioso The Guardian nel suo periodico domenicale The Observer ha descritto Vicenza come "La gemma nascosta del Nord", sottolineando come lo straordinario tessuto palladiano sia stato arricchito da nuove proposte culturali e dalla vivacità del suo centro storico che l’hanno trasformata in meta che merita un lungo weekend e non una visita mordi e fuggi. Se dovessi costruire un album fotografico di Vicenza per spedirlo nel mondo, quali scorci metteresti al primo posto?
«Nulla di già visto... odio essere scontata. Busserei a tutti i
portoni e mi farei aprire... ci sono giardini incantati dietro quei
muraglioni di cemento e quei portoni di legno massiccio. Ricordo una
notte di neve in cui stavo fotografando ponte san Michele al buio
completo. La luna illuminava l’acqua e la neve la rifletteva. Era l’una
di notte ed ero completamente sola... (devo dire che Vicenza è
meravigliosa nel silenzio della notte). Un signore passò di lì e mi
chiese cosa stavo fotografando se non si vedeva nulla ad occhi nudi! Io
gli dissi, se ha dieci minuti glielo faccio vedere. Stavo facendo
Polaroids e quando gli feci vedere la foto rimase a bocca aperta... mi
fece scrivere dietro la Polaroid l’orario della foto e il mio nome per
farla vedere agli amici che secondo lui non l’avrebbero assolutamente
creduto. Qualche settimana dopo mi invitò per mostrarmi una location. In
centro a Vicenza, un grande portone di legno, una storia
indistruttibile segnata su quel legno. Lo aprì e dietro c'era un
giardino interno meraviglioso. Vicenza nasconde dietro le sue mura
giardini incantati ed è un peccato non riuscire a farsi aprire quelle
porte. È un progetto che vorrei intraprendere».
Chiudiamo ritornando all'evento Pianegonda... c'era un cuore come simbolo.
«La mia frase è sempre stata: I dream every day, that’s my secret...
con la maturità di oggi dico: lasciati sognare ogni giorno ma grida
anche a te stesso ‘lo voglio con tutto l’animo’. È l’unico modo per far
avverare i tuoi sogni. Volerlo con tutto il cuore».